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Home Conoscere La storia Hall of fame The Eudaemons (1978)

The Eudaemons (1978)

Una comunità di scienziati che costruì un computer per prevedere i numeri di uscita della roulette
The Eudaemons (1978)

La scarpa dell'osservatore

La pallina viaggia dolcemente sul bordo nel cilindro e rallenta per gli ultimi giri. Aspetto che Doyne entri i dati e li trasmetta dal suo computer al mio... ricevo una vibrazione ad alta frequenza sul solenoide frontale. Un tre. Il terzo settore. I numeri 1, 13, 24 e 36. Mi sporgo sul tappeto e copro di fiche i primi tre numeri. Salto il 36 che è lontano sul tappeto e punto il doppio zero vicino sulla ruota e vicino anche a me. Come un giocatore di pallacanestro che osserva la palla volare ed entrare nel canestro, mi appoggio ed aspetto. Sorrido al capotavolo. Non guardo il croupier, neanche quando annuncia il numero 13 e piazza una piramide di fiche sulle mie.
Tra me e me penso "perchè la gente gioca alla roulette senza avere un computer nella scarpa?" *

 

Il nome prende origine dalla filosofia dell’eudamonismo in seguito al dichiarato obiettivo di un gruppo di studenti di fisica di trovare un metodo per battere la roulette con lo scopo di finanziare con i proventi una comunità scientifica.

Hanno affittato una casa a Santa Cruz in california che è stato il quartier generale delle loro operazioni per diversi anni. Nello scantinato con una roulette BC Willis, videocamera ed oscilloscopi hanno cercato di individuare un metodo per determinare la rotazione della ruota e della pallina.
Tra i vari personaggi che nel corso degli anni hanno partecipato all'inziativa c'è anche Edward o Thorp, pioniere delle teorie fisiche sulla predizione del punto di caduta e già artefice di un simile esperimento negli anni 60.

Trovate le formule hanno avuto bisogno di un computer per poter fare questi calcoli in maniera istantanea ed indicare il settore di numeri da giocare. I computer dell'epoca non erano certo come quelli di oggi, e dato che doveva essere nascosto agli occhi dei croupier e degli ispettori di sala il gruppo ha studiato la seguente configurazione:

  • un microcomputer inserito all’interno della scarpa
  • un microinterruttore nella stessa scarpa azionabile con l’alluce
  • tre solenoidi (attuatori) legati al petto e nascosti sotto la camicia

Il funzionamento era il seguente schiacciando l’interruttore con le dita del piede si dava l’input al computer al passaggio della pallina ed al settore del numero. Il computer calcolava quale dei settori puntare o se non puntare inviando un segnale alla fascia sul petto del giocatore facendola vibrare in nove modi diversi.
L’esperimento a Las vegas ha funzionato, utlizzando due persone, un osservatore ed un puntatore. L’incasso è stato di 10.000 dollari ed hanno calcolato di riuscire ad ottenere una rendita del 44%. Purtroppo il metodo alla sua prova definitiva ha dato dei problemi elettriche di comunicazione dovute alla sudorazione del piede e le scosse elettriche della fascia hanno bruciatio la pelle dell’osservatore.

eudamonic pieNorman Packard, Doyne Farmer ed altri partecipanti al progetto avevano ormai le loro carriere accademiche avviate, il progetto aveva funzionato, l'obiettivo di dimostrare che era possibile predirre l'uscita dei numeri della roulette al casinò era stato raggiunto. Il gruppo degli "Eudamons" si scioglie ma le loro gesta spaventano la commissione di gioco del Nevada e più tardi nel 1985 il senato approva una legge che vieta l'utilizzo di apparecchiature elettroniche all'interno dei casinò dello stato.

La loro storia può essere letta nel libro “The eudamonic pie” scritto da uno dei partecipanti del gruppo Thomas Bass (la versione britannica si chiama “The newtonian casino”).

Curiosità: il titolo del libro significa "la torta Eudamonica" si riferisce al sistema della torta per la divisione dei profitti che l'avventura avrebbe generato. Hanno conteggiato sia i soldi versati sia il tempo dedicato dai vari partecipanti ed ognuno avrebbe ricevuto una fetta proporzionata all'impegno.

*"Eudamonic pie" - Thomas A Bass pag. 14

foto della scarpa by Steve Mann, MIT Media Lab