Il casinò con la realtà virtuale
di Pam
Sono anni che gioco alla roulette, ma prima di quest'estate non avevo mai messo piede in un casinò.
La roulette l'ho scoperta per caso, mi sono appassionata e da anni gioco più o meno regolarmente on-line live.
I motivi per cui non sono mai andata a giocarla in un casinò vero sono principalmente due:
la lontananza dalle case da gioco e il condizionamento psicologico sociale e culturale che noi ragazze in italia siamo costrette a subire: il gioco d'azzardo è roba da uomini (gli amici), I casinò sono luoghi pieni di brutta gente e malavitosi (il papa), ma che figura ci facciamo se si viene a sapere che ho una figlia viziosa che va al casinò (la mamma).
Il paradosso è che da anni gioco alla roulette da casa, collegata dal mio computer in diretta con un vero casinò che non è nemmeno in Italia. Non ci ho provato neanche a spiegarlo ai miei, troppi salti mentali da compiere alla loro età.
Già, mia madre che gioca tutte le estrazioni del lotto e non vince mai nulla socialmente è a posto, mentre io, che considero la roulette un hobby, giocando alcuni sistemi e mantenendo una condotta di gioco parsimoniosa, sono ancora in vincita di un po' di pezzi, ma non posso dirlo in giro.
Ad ogni modo quest'estate con alcuni amici abbiamo fatto un giretto in baviera e al ritorno ci siamo fermati a Seefled nel tirolo austriaco. Qui c'è un casinò piccolo nel centro del paese, in una struttura carina fatta a forma di chalet. Dato che eravamo in Austria mi sono sentita come una delle prescelte per il ballo delle debuttanti: la mia prima volta in un casinò vero.
L'eccitazione era a mille e, una volta dentro la sala, si è trasformata in panico e delusione. Il mio casinò ideale non era quel carnaio fumoso e cacofonico in cui mi sono ritrovata.
Il casinò aveva tre sale, ma una sola aveva i tavoli aperti e guarda caso era la sala fumatori. Capisco la legge del mercato, se il novanta per cento dei presenti fuma il casinò mette a loro disposizione la sala da gioco riservata ai fumatori. Ma per gli altri ? aprire un tavolo in un'altra sala no ? Non era un giorno prefestivo e dato che non era pienissimo di clienti, immagino si sia deciso di privilegiare quelli doppiamente viziosi: gioco e fumo.
Una delusione. Non mi aspettavo un'atmosfera totalmente aristocratica tipo Montecarlo del secolo scorso, ma di sicuro qualcosa di più raffinato di un girone dantesco. Una coppia di turisti tedeschi anziani non fumatori vestiti eleganti che vedevo aggirarsi attoniti forse la pensava come me. Anche loro non erano mentalmente attrezzati per passeggiare nella giungla.
C'erano solo due tavoli aperti uno con la puntata minima di due euro e l'altro con la puntata minima di cinque euro. Quello da due era quasi impossibile da raggiungere, ostruito da una muraglia umana tra cui spiccavano un paio di energumeni slavi che non si sono mossi nemmeno quando un mio amico ha volontariamente inciampato piantandogli una gomitata nel fianco.
Arrivare al tavolo a puntare era un'impresa titanica, soprattutto per un fisico minuto come il mio, senza contare la mia totale insofferenza al fumo. Quando hanno abolito il fumo dai locali ho festeggiato come quelli sulla Potsdamer Platz alla caduta del muro di Berlino.
Ci ho provato a raggiungere il tavolo per puntare. Ho trattenuto il respiro e mi sono lanciata verso uno spiraglio nel tavolo da cinque euro. Non ce l'ho fatta. Mi sono allontanata tossendo e strofinandomi gli occhi.
Certi personaggi ostentavano la propria ricchezza fumando dei sigari enormi e pestilenziali. Oltre al rischio polmonare ho corso pure il pericolo di vedermi incendiata una manica della camicia. Per non parlare di quelli con le facce poco rassicuranti (mi costa ma devo dare ragione a mio padre) figurini che avrebbero potuto fare i fotomodelli negli schedari della polizia.
Ho constatato però anche il fascino unico e originale del Casinò. L'unico posto dove si vedono fianco a fianco personaggi tagliati con l'accetta con tatuaggi da galeotti che sbucano dagli avambracci ed eleganti signore borghesi con l'oreficieria di casa appesa al collo e la cofana sistemata a puntino.
Insomma il casinò come arredi e struttura era proprio carino, ma quella sala cacofonica piena di fumo non faceva per me. E' il mio destino, tutte le 'prima volte' non sono mai state memorabili. Che fare a quel punto ? andarsene senza nemmeno aver giocato ? non se ne parla nemmeno. Ho preferito attendere nella speranza che si svuotasse e diventasse più tranquillo e poi riprovarci.
A quel punto per respirare un po' d'aria pulita sono entrata in una delle sale da gioco non usate, visibile oltre il vetro (purtroppo anche il bar era nella sala fumatori). Ho visto una fila di postazioni tipo videopoker tutta vuota e mi sono seduta per riprendere fiato su una comoda sedia; sorpresa! non erano videopoker ma roulette elettroniche.
Incuriosita ho subito appurato che non erano roulette automatiche con il software che genera i numeri casuali e nemmeno quelle con la pallina lanciata dall'aria compressa che si trova nelle sale giochi, ma erano dei terminali collegati ai tavoli veri in funzione nell'altra sala.
La puntata minima era di un euro invece che cinque e due. Si poteva scegliere su quale dei due tavoli giocare, alternandoli pure. Non mi sembrava vero. Ho infilato subito una banconota da 50 euro e ho cominciato a giocare.
Per poco più di un'ora mi sono immersa nei miei sistemi, annotando i numeri sul carnet e calcolando le puntate, seduta comoda, tranquilla, in un ambiente ben climatizzato e sorseggiando il mio drink.
Ed in quei momenti ho pensato alla strana realtà virtuale che stavo sperimentando. Praticamente ero al casinò giocando in remoto all'interno dello stesso casinò. Una telecamera mi faceva vedere il tavolo nell'altra sala e delle scritte sul display sostituivano la voce del croupier. Ho giocato esattamente come faccio a casa dal mio computer dentro nel casinò.
A questo punto la domanda che mi sono posta è: "Posso dire o no che ho giocato ai tavoli della roulette del casinò di Seefeld?"
Saluti a tutti
Pam